• “Io che amo solo te. Le Voci di Genova”
Un progetto originale di Serena Spedicato (canto, voce recitante), dello scrittore Osvaldo Piliego (testi originali) e del compositore Vince Abbracciante (fisarmonica, arrangiamenti originali), con Nando Di Modugno (chitarra classica), Giorgio Vendola (contrabbasso), con la regia di Riccardo Lanzarone.
Sono gli incontri felici a generare bellezza, nella vita così come nell’arte. E’ stato così per “La Scuola di Genova” un luogo e un tempo fatto di amici capaci di inaugurare una nuova stagione del cantautorato italiano che ha esplorato e cantato l’amore come mai prima. Tenco, Lauzi, Bindi, Paoli, De Andrè, Endrigo, sono solo alcuni dei protagonisti di questa storia. Un movimento che ha investito l’Italia e il mondo intero, risuonando fino ad oggi.
E sempre da un incontro nasce questo progetto. Quello tra lo scrittore Osvaldo Piliego e la cantante Serena Spedicato che decidono di “raccontar cantando” le storie e le vite straordinarie che si nascondono dietro le canzoni. Testi inediti accompagnano una selezione di alcuni brani tra i più belli e rappresentativi della Canzone d’Autore di tutti i tempi, che sono stati rielaborati in una forma nuova da alcuni tra i più grandi musicisti pugliesi con gli arrangiamenti originali per quartetto firmati dal fisarmonicista Vince Abbracciante.
Line-up: Serena Spedicato (canto, voce recitante)
Vince Abbracciante (fisarmonica)
Nando Di Modugno (chitarra classica)
Giorgio Vendola (contrabbasso)
Io che amo solo te. Le Voci di Genova (video teaser)
Serena Spedicato (canto e voce recitante)
Cantante eclettica, dal timbro originale, predilige il jazz dal sapore cameristico. Ha una intensa attività concertistica in ambito jazz, corale, polifonico, in festivals e rassegne anche all’estero. Diplomata in Canto Jazz con il massimo dei voti. Nel 2012 pubblica “My Waits, Tom Waits Songbook” (Koinè/Dodicilune) con G. Iorio, P. Balducci, A. Tosques, P. Villani, presentandolo in concerto in numerose città italiane. Votato tra i “Migliori 10 dischi del 2013”, raccoglie numerosi consensi di critica. Riceve menzioni al Top Jazz 2013 quale “Miglior Nuovo Talento” dalla rivista Musica Jazz. Del 2013 il suo primo videoclip “Muriel”. Nel 2019 pubblica “The Shining of Things. dedicated to David Sylvian” (Dodicilune) con Nicola Andrioli (piano, arrangiamenti originali), il trombettista finlandese Kalevi Louhivuori, il percussionista Michele Rabbia. Pluripremiato in Italia e all’estero, esce in CD, in formato liquido in alta risoluzione e in Vinile 180gr in edizione limitata e numerata.
Osvaldo Piliego (testi originali)
nato nel 1978, operatore culturale e scrittore, fondatore della Cooperativa Coolclub, si occupa di progettazione e produzione di eventi. Dal 2004 fino al 2011 ha diretto la rivista Coolclub.it, ha collaborato con varie testate e siti nazionali (Rockerilla, All Music, The Guide). Nel 2010 ha collaborato con Giancarlo Susanna nella realizzazione del libro “Nientepopodimenoche Fred” (biografia di Fred Buscaglione), edito da Arcana. Ha pubblicato i romanzi “Fino alla fine del giorno” nel 2011 e “La città verticale” nel 2015, entrambi per Lupo Editore, la raccolta di poesie “justalovesong” con Fondo Verri. Negli anni ha pubblicato racconti su varie raccolte (Post, Kunstwolle, Una frisella sul mare, 50 sfumature di fritto, Cucinare con i piedi, Inchiostro di Puglia). Nel 2019 pubblica il suo terzo romanzo “Se tu fossi una brava ragazza” per Manni editori e scrive i testi per lo spettacolo “Io che amo solo te, le voci di Genova” di Serena Spedicato.
Vince Abbracciante (fisarmonica, arrangiamenti originali)
“Stella nascente della fisarmonica in Italia” (Dizionario del jazz italiano, 2014). “Chi più mi ha impressionato è un giovane italiano, originario della Puglia: si chiama Vincenzo Abbracciante” (Richard Galliano, 2005). Nasce ad Ostuni nel 1983. All’età di otto anni intraprende gli studi musicali con il padre Franco e con A. Sanese. Ha studiato e frequentato master class con Franco D’Andrea, Bruno Tommaso, Richard Galliano, Joelle Leandre, Steve Potts, Gianni Lenoci, Roberto Gatto, Dado Moroni, Jacques Mornet, Gianluca Pica, Rosario Giuliani, Gian Vito Tannoia e si diploma in musica jazz, primo livello, presso il Conservatorio “Nino Rota” di Monopoli e in Fisarmonica Classica, secondo livello, presso il Conservatorio “E. R. Duni” di Matera, con lode e menzione speciale. Nel 2000 vince il “25° concorso internazionale Città di Castelfidardo” e nel 2003 vince il 53° Trofeo Mondiale di fisarmonica. Dal 2000 è testimonial delle fisarmoniche Borsini di Castelfidardo. Si è esibito nei cinque continenti in festival e jazz club prestigiosi, suonando con musicisti di spicco: Javier Girotto, Gabriele Mirabassi, Fabrizio Bosso, Juini Booth, Peppe Servillo, John Medeski, Richard Galliano, Marc Ribot, Flavio Boltro, Carlo Actis Dato, Bruno Tommaso, Giovanni Amato, The Bumps (Davide Penta & Antonio Di Lorenzo), Roberto Ottaviano, Paola Arnesano, Maria Mazzotta, Luca Ciarla, Lucio Dalla, Ornella Vanoni, Heidi Vogel, Francesco Lotoro. Riceve il prestigioso premio “VOCE D’ORO” dal Festival Internazionale di Castelfidardo. Dal 2017 il calco della sua mano destra viene conservato presso il “Museo Internazionale delle Impronte dei Fisarmonicisti” di Recoaro Terme (VI). Nel 2018 vince il Bucharest International Jazz Competition con il suo trio. Discografia: Introducing… (2012 Bumps Records); Sincretico (2017 Dodicilune), Terranima (2019 Dodicilune)
Nando di Modugno (chitarra classica)
Cresciuto in un ambiente musicale (il padre ed il fratello maggiore sono musicisti), ha svolto gli studi accademici nel Conservatorio della sua città, Bari, dove si è diplomato con lode nella classe di Linda Calsolaro già alunna di Andres Segovia. Appassionato alla letteratura delle varie epoche storiche del suo strumento, Nando Di Modugno è anche particolarmente interessato alle diverse forme di espressione musicale contemporanea: la sua versatilità e la sua curiosità musicale gli hanno consentito di collaborare con musicisti di varia estrazione e di condividere esperienze musicali disparate in Italia e all’estero. Ha eseguito in prima esecuzione brani solistici (alcuni dei quali a lui dedicati come “Solo di R. Minella e la Toccata di G. Tamborrino) e d’insieme (W. Mitterer, V. Hein); ha suonato con varie e prestigiose orchestre (S.Cecilia, Teatro S.Carlo, Provincia di Bari, Teatro Petruzzelli, etc.) sotto la direzione, fra gli altri, di Daniele Gatti, Jurg Henneberger e Peter Eotvos; ha collaborato con diversi ensemble di musica contemporanea come i Solisti Dauni e gli svizzeri Phoenix e Nouvel Ensemble Contemperai (con questi ultimi di recente ha eseguito il “Marteau sans Maitre” di P. Boulez a Neuchatel e a La Chaux-de-Fonds); ha partecipato a registrazioni di diverse colonne sonore e suonato con i premi Oscar Ennio Morricone, Howard Shore (Il Signore degli Anelli) e Nicola Piovani (con quest’ultimo suona regolarmente in vari progetti concertistici); ha collaborato con musicisti jazz quali Pierre Favre, Jay Rodriguez, Fabrizio Bosso e Bobby McFerrin e con attori di teatro del calibro di Arnoldo Foà, Luca De Filippo e Massimo Wertmuller; da alcuni anni suona in duo ed in gruppi più estesi con il sassofonista jazz Roberto Ottaviano ed in trio con il clarinettista Gabriele Mirabassi ed in bassista Pierluigi Balducci. Nel 2014 ha svolto una tournée negli Stati Uniti suonando con l’Orchestra sinfonica di Bozeman e con la Wyoming Symphony e tenendo master class presso l’Università del Montana. Sul versante jazzistico ha pubblicato vari CD per l’etichetta Dodicilune in trio con Mirabassi e Balducci (Amori sospesi), con il trio Cercle Magique (con Viz Maurogiovanni al basso e Gianlivio Liberti alla batteria) ed ha suonato nelle produzioni discografiche di numerosi artisti (fra gli altri Roberto Ottaviano e Vince Abbracciante). È docente di chitarra presso il Conservatorio “N. Piccinni” di Bari. Suona una Domingo Esteso del 1935 e una Dominique Field del 1990.
Giorgio Vendola (contrabbasso)
nasce a Torino il 20 ottobre del 1972. Intraprende lo studio del contrabbasso con M. Quintavalle, perfezionandosi con R. Zurzolo, E. Calzolari e Leonardo Presicci, sotto la cui guida giunge al diploma, che consegue nel 1999 presso il Conservatorio N.Piccinni di Monopoli. Nel suo percorso formativo abbraccia i più diversi generi e stili musicali (rock, pop, etnico, etc.) soffermandosi in particolar modo sul jazz. Nel 1993 da vita insieme a L. Sforza e D. Abbinante il Totem Trio che annovera tra gli ospiti Domenico Caliri. Partecipa nel 1995, nel 1997 e nel 2002 al Talos Festival suonando con: B. Tommaso, E. Rava, P. Minafra, Naco, M.P. De Vito, E. Pietropaoli, C. Rizzo, G. Trovesi, G. Coscia, T. Lama, F. Maras, M. Riessler. Nel 1996 fa parte del gruppo etno-jazz Moving Clouds col quale incide il C.D. “Oltre Confine”. Dal 1998 fa parte della band Monk’s Reflection composto da N. Pisani, F. Mezzina, N. Marziliano, E. Fioravanti. Socio Fondatore dell’associazione Almo, si occupa, insieme a L. Sforza e M. Zinni, della composizione ed esecuzione delle musiche per lo spettacolo “il Dimezzato”, opera multimediale tratta dal “Visconte Dimezzato” di I. Calvino. Nel 1999 riceve il premio speciale della giuria al concorso “CineMusica” di Cascia per la composizione delle musiche del cortometraggio “Interno-Esterno” del regista pugliese F. Binetti. Sempre nel 1999 suona nell’ambito del festival internazionale “Jazz e altro Oltre il Jazz” col chitarrista franco-vietnamita Guyen Le. Nel 2000 realizza le musiche e partecipa alla messa in scena dello spettacolo teatrale “Meridionali Senza Filtro” di M. Santeramo. Prende parte all’incisione della colonna sonora del film “Birthday” di S. Jager, composta da A. Berardi. Nella ambito del Festival “Gezziamoci” suona nel gruppo “Belcanto” di E. Fioravanti accanto a T. Tracanna, A. Succi, B. Caruso. Nel 2001 vince con il “M. Signorile & the Institute” il 1° premio del concorso nazionale di jazz di Baronissi. Dal 2002 al 2004 ha partecipato ai seguenti Festival: Banlieue Bleues (Parigi), Festival Internazionale del Cortometraggio (Siena), Notti di Stelle (Bari), Iseo Jazz Festival, Orsara Musica, Crossrods jazz e altro, Along Came Jazz (Tivoli), Talos Festival, Clusone Jazz Festival, Jazz and Other (Bolzano), Fandango Jazz Festival (Roma), Veneto Jazz, Skopje Jazz Festival (Macedonia), Womad (Gran Canaria). Ha collaborato, tra gli altri, con P. Fresu, R. Ottaviano, G. Lenoci, R. Schiano, T. Ghiglioni, R. de Sousa, F. Bosso, R. Dani, G. Petrella, D. Liebman, D. Santorsola, M. Magliocchi, Yves Robert, C. Zavalloni, L. Sclavis, Barbara Casini, Nasheet Waits, M. Giammarco, E.Fioravanti e Belcanto Group, Greg Osby, Guyen Lè, S. de Bonis, P. Minara Sud Ensemble, Louis “Tebugo” Moholo, Keith Tippett, Dave Binney. Attualmente fa parte dei seguenti gruppi: Meridiana Multi Jazz Orchestra, TALEA (BalkanJazz), Ark Ensemble, Urban Society, SynerJazz Trio, Radiobunker, Rosalia de Sousa & Moderns Dilemma. Discografia: Moving Clouds: “OLTRE CONFINE” – Opa Cupa: “LIVE IN CONTRADA TANGANO” – Opa Cupa: “CIRCO INFERNO CABARET”, musiche di Santarcangelo dei teatri (Manifesto) – Nicola Conte “Feeling: good-lounge” (BMG) – Nicola Conte “Jet Sounds Revisited” (Schema Records) – Radicanto “TERRA ARSA” – E. Fioravanti e Belcanto “ LA MUSICA RUBATA” (ONYX) – Dolmen Orchestra. “MINOTRAUMA” (Leo Records) – Roberto Ottaviano trio. Live in Israel (soul note) – Mirko Signorile & the Institute “In full life”(soul note) – Ark Ensemble “Rimbaud” – Cabaret Noir (Schema Records) – Gaetano Partipilo & Urban Society “Basic” (soul note) – Live in Clusone (soul note) – Mirko Signorile SynerJazz Trio “The Magic Circle” (soul note) – Gianna Montecalvo “ Steve’s Mirror” (Soul Note). In uscita: Talea – Radiobunker.
Riccardo Lanzarone (regia)
si diploma alla Civica Accademia D’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine. Frequenta la scuola di teatro Teatès di Palermo diretta da Michele Perriera. Segue seminari condotti da: Emma Dante, Valerio Binasco, Arturo Cirillo, Jurij Alschitz, Marco Sgrosso, Elena Bucci, Carolyn Carlson, Vetrano e Randisi. Lavora con Alessandro Serra – compagnia Teatropersona. Collabora con i Cantieri Teatrali Koreja, con la compagnia Teatro Minimo diretta da Michele Sinisi e Michele Santeramo. È stato tra i fondatori della Compagnia Vico Quarto Mazzini. Docente di recitazione presso la Civica Accademia D’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine e presso l’Atelier Teatro Fisico di Lecce. Ha lavorato al cinema con Antonio De Palo e Fabio Massa. Direttore artistico del Mat Teatro – laboratorio urbano di Terlizzi (BA). Come autore ha scritto “Codice Nero”, pubblicato da Caracò Editore.
“The Shining of Things.
dedicated to David Sylvian”

“A poetic music, that sounds cool and fantastic!”
(JAZZ LIFE MAGAZINE, Japan)
“L’album riscuote un successo perfetto, facendo risorgere
i testi di Sylvian in un contesto totalmente jazz.”
(JAZZHALO, Belgium)
“Scommessa vinta! In modo fantastico!”
(JAZZ MAGAZINE, France)
“Sbalorditivi!”
(ROCKERILLA)
“Musica elegante e ricercata”
(MUSICA JAZZ)
“Sonorità quasi cameristiche”
(ALIAS IL MANIFESTO)
“Scorre come un sogno fluttuante, ma è un sogno tutto consistenza”
(AUDIOREVIEW)
“Profondamente espressivo, dalle splendide forme. Consigliato!”
(JAZZCONVENTION)
“Momenti geniali, atmosfere ricche di passione.
Tra le migliori produzioni italiane dell’anno”
(MUSICZOOM)
“Una nuova piccola perla per la scena del Jazz italiano. Intrigante e affascinante”
(AUDIOPHILE SOUND)
“Davvero un gran bel disco, criptico ma non ermetico,
come ogni disco di autentico valore artistico dovrebbe sempre essere”
(AUDIOSINAPSI)
• Acquista/ascolta nei formati:
⇒ VINILE 180gr IN EDIZIONE LIMITATA E NUMERATA (300 COPIE)
⇒ MUSICA LIQUIDA IN ALTA RISOLUZIONE (FLAC 96/24)
⇒ PREASCOLTO & DIGITAL DOWNLOAD
““The Shining of Things. Dedicated to David Sylvian“ è il nuovo progetto discografico firmato dalla cantante Serena Spedicato e dal pianista Nicola Andrioli.
Nato dal desiderio di rileggere e sviluppare un songbook sui camei piu’ significativi dell’immensa produzione artistica di David Sylvian. Strumentista, compositore e autore di musica sperimentale, intima e sofisticata, mista al jazz, all’ambient più colto e minimale, e al rock d’avanguardia. E straordinario vocalist dal timbro originale e pulito, caldo e profondo, a volte quasi indefinibile e fluttuante a mezz’aria.
L’intreccio dialettico e creativo del disco è affidato alla voce elegante della cantante leccese Serena Spedicato, al pianismo sapiente e raffinato di Nicola Andrioli, pugliese d’origine ma da anni residente in Belgio, anche autore degli arrangiamenti originali scritti per questa produzione, al ricercato trombettista scandinavo Kalevi Louhivuori, e al profondo spessore poetico del percussionista Michele Rabbia. Per frugare e ricercare, attraverso la libera espressione del linguaggio dei quattro musicisti, quel fil-rouge che avvicina l’opera di Sylvian alle atmosfere aperte, intime e rarefatte del jazz europeo. Esaltare le caratteristiche “nascoste” nei suoi viaggi sonori e tramutarle in una rilettura musicale. Con un sigillo personale che esalti il significato stretto e spirituale dei suoi testi, delle sue melodie e delle sue armonie.“
Note di copertina di Roberto Ottaviano
“La canzone è un posto del cuore. E’ anche una storia, una visione, un messaggio che dovrebbe toccare l’anima e la mente. Un cibo naturale e salutare, poetico e vitale di cui dovremmo alimentarci sempre più spesso per ritrovare quei sottili fili che legano la nostra esistenza, che tiene in vita le memorie e ci fa ritrovare armonie smarrite. La storia della musica è praticamente pervasa di canzoni straordinarie, da Monteverdi ai Beatles, da Handel a Ellington, da Bacharach a Battisti. Canzoni su cui si sono formate umanamente e culturalmente molte generazioni. Mi sono chiesto più volte se fosse giusto, a questo proposito, scomodare la parola “poesia” e la risposta è stata che in taluni casi sarebbe più che appropriato, senza che questo debba infrangere una qualche sacralità dell’etichetta. Infatti non solo i versi a guisa di appunti da un diario, dal taccuino di viaggio, da lettere mai inviate, vengono perfettamente restituiti dal suo autore nella dimensione della canzone, e c’è dell’altro. Attraverso la multidimensionalità del timbro vocale e del disegno melodico, i cromatismi sonori, il diagramma ritmico, si apre una porta nello spazio privato del songwriter che disvela un luogo popolato di figure e oggetti, miti e leggende, una topografia immaginifica che integra diversi piani di lettura e ascolto che spesso la sola parola scritta tende ad occultare in un geroglifico indecifrabile. Tra i tanti spazi privati rivelati credo ne esista uno in particolare, un sentiero pregno di unicità e bellezza collocato nella terra di Albione, laddove il rapporto tra poesia e canzone si libera da perimetri stringenti. Qui più che altrove, se si percorre a ritroso questo viatico, affiorano i segni potenti di questa espressività, come un orto botanico rigoglioso ed enigmatico spesso rappresentato come metafora in diverse copertine di vecchi vinili. Se infatti penso a Nick Drake, Pete Sinfield, David Bowie, Peter Hammill, Peter Gabriel, Robert Wyatt solo per citarne alcuni, ciascuno di essi ha contribuito a determinare una vera e propria genealogia della poesia sonora cui mi riferisco. David Sylvian, in questo cenacolo, si ritaglia un spazio peculiare, con a ricco corredo un humus di materiali disparati che egli stesso dispone sullo scrittoio: le immagini fotografiche, gli esperimenti elettronici, le Hypergraphie, una multimedialità vitale insomma.
Stiamo evidentemente parlando di una figura emblematica e complessa dal punto di vista artistico ed estetico, riferimento al quale accostarsi in termini interpretativi diventa un compito ardito e insidioso. L’operazione che fronteggia Serena Spedicato è dunque piena di trappole ed interrogativi, bissando qui coraggiosamente la sfida affrontata alcuni anni fa con un disco dedicato a Tom Waits. Non si tratta di affrontare il Songbook di Broadway, sancta sanctorum attraversato in lungo e in largo da migliaia di interpreti (certo, molte volte con esiti straordinari), oppure il brano Pop di tendenza da tanti inserito in repertorio con arrangiamenti pure intriganti. Niente di tutto questo. Avverto piuttosto, e credo di non sbagliare, lo spirito di Alice che guarda nello specchio al fine di ritrovare una immagine di sè e tuffarsi in un viaggio interiore. Serena fa propri i testi di Sylvian e li destruttura musicalmente in modo da evitare di fargli il “verso”, li rende così quasi avulsi dall’originale e li colloca in una ambientazione meno evanescente, più terrigna, forse intrisi di quella terra da cui proviene la cantante. Un profondo Sud, quello Salentino, nobile e ricercato, finisterrae ma al contempo porta verso l’ignoto. Come Sylvian, Serena ama le trame acustiche, i reverberi ricercati, il tintinnìo pianistico di un musicista raffinatissimo eppure schivo come Nicola Andrioli, la concretezza e la dimensione percussiva di un maestro come Michele Rabbia, l’imprescindibile suono arcaico della tromba, che fu di Kenny Wheeler, di Jon Hassell, Mark Isham e infine di Arve Enriksen nei lavori dell’artista britannico, qui affidato ad un genius loci scandinavo, Kalevi Louhivuori, che di questi raccoglie le sementi rilanciandole oltre.
Ma su tutto gravita lei, Serena, con una voce che narra come in Orpheus, sussurra con consonanza di testa e al suo registro pulito pieno di armonici, Serena – Sirena che contrappunta il soffio di Louhivuori in Weathered Wall. Un colore vocale a tratti memore di due interpreti divergenti e convergenti allo stesso tempo: la norvegese Karin Krog e la britannica June Tabor.
Tale è il suo essere parte di questa storia che può concedersi anche l’orpello dell’overdubbing, in Heartbeat, con grande gusto e sobrietà. Sebbene tutto il lavoro beneficia di una coralità encomiabile, non mancano momenti in cui le personalità emergono in modo spontaneo e necessario come gli interventi pianistici di Andrioli in Brilliant Trees o quelli di Louhivuori in Laughter and Forgetting, mentre Rabbia cesella di fino ovunque, come un respiro che cuce il tessuto dei brani. E dunque Serena/Alice attraversa la terra di Sylvian che è multiforme, minimalista, ambient, new age, senza “farsi tagliare la testa”, con l’abbandono del musicista profondo, senza farsi “ipnotizzare” inutilmente dallo sciubidù jazzistico di maniera, senza cedere alla tentazione di una prevedibile lectio restituta, come tanti omaggi ricorrenti, regalandoci una pagina strappata e, azzardo, riscritta per intero.” Roberto Ottaviano
“My Waits. Tom Waits songbook”
“Il mondo di Tom Waits, poeta dannato, cantore per eccellenza dell’America underground, visionario ma legato alla realtà della strada, raffinato ma attento alla realtà degli ultimi (prostitute, ubriaconi, clochard), autore di storie di un mondo minore, scritte tra strade abbandonate, vicoli bui, locali fumosi, motel di periferia, costituisce un riferimento assoluto nella musica contemporanea; e, proprio perchè molto legato alla figura e alla cifra del suo autore, costituisce un songbook difficile, che ha molto ispirato i migliori interpreti (da Ute Lemper a Scarlett Johansson) come i migliori songwriter del nostro tempo (in Italia, un nome su tutti, Capossela). Tuttavia, proprio il peso specifico di Waits ha scoraggiato una rilettura completa della sua opera. Per questo, My Waits, di Serena Spedicato, rappresenta un atto di coraggio, oltre che un atto di devozione. In My Waits, infatti, Spedicato e il suo gruppo di raffinato jazz da camera -pur nel pieno rispetto della poesia e della metrica waitsiane- decontestualizzano il songbook del poeta californiano, tratto esclusivamente dai suoi primi dischi (da Closing Time sino a Heartattack and Wine), donandogli una interpretazione jazz fresca e convincente. La voce cristallina di Serena Spedicato, così diversa dalla roboante interpretazione di Waits, conferisce una raffinata eleganza a melodie preziose, che, nella nuova veste, appaiono dotate di luce nuova. Il gruppo, con Gianni Iorio al bandoneon e al pianoforte, Antonio Tosques alla chitarra, Pierluigi Balducci, anche arrangiatore del progetto, al basso e Pierluigi Villani ai ritmi, porta alla luce gli angoli più segreti e nascosti del mondo di Waits, i suoi riferimenti reconditi. Un lavoro di valore assoluto.“
Rassegna Stampa
- “Serena affronta Waits con assoluta scioltezza e carattere, imprimendo un marchio del tutto personale, anche nella cernita dal corposo carniere di Waits. La sua voce è l’esatto opposto di quella cartavetrata di Tom Waits e si fonde a meraviglia nell’impasto sonoro creato dai materici arrangiamenti del fuoriclasse Pierluigi Balducci. Quella di Serena Spedicato è una scelta sì ardimentosa, ma decisamente ben riuscita e opportunamente calibrata.” (Alceste Ayroldi per JAZZITALIA)
- “Un gran disco, stupendo per il modo in cui si rende l ́universo poetico di Waits. La voce pulita ed elegante della Spedicato è ben affiancata da un gruppo molto affiatato, in piena sintonia sul progetto“. (Vittorio Lo Conte per MUSICZOOM)
- “I brani vengono maneggiati con attitudine e freschezza espressiva, con vivacità cristallina e grazia sofisticata, in contraltare alle interpretazioni tenebrose, crepuscolari e ‘fumose’ di Tom, in virtù (pure) di arrangiamenti delicati.” AUDIOREVIEW (Luigi Lozzi)
- “Visione e poesia. Una suggestiva reinterpretazione di un cantore straordinario, a cui la voce della cantante salentina ridona una luce e una bellezza ulteriormente magiche muovendosi tra le note con una sapienza musicale che esplode di raffinato jazz“. LECCEPRIMA
- “Un’antologia fresca ed originale di significativi brani del “cantore maledetto”. Pulsanti sinergie intrise di quieta classe e congiunte ad un’agilità nuova e immediata.” JAZZCONVENTION (Fabio Ciminiera)
- “La voce di Serena Spedicato sale e scende le scale del jazz dieci volte. Rilettura intelligente e coraggiosa del primo repertorio di Waits, l’album è dimostrazione che anche le scommesse canore più difficili si possono vincere.” ALIAS IL MANIFESTO (Luciano Del Sette)
- “Spazio emotivo rinnovato grazie a nuovi arrangiamenti e ad un interplay di grande finezza culturale, esplorato da strumentisti in felice vena creativa. La Spedicato s’accosta alle melodie con elegante fermezza e con vocalismo raffinato, luminoso e composto, secondo un modus del tutto personale che dimostra come sia possibile tradurre il mondo di Waits in un narrativo diverso, nudo e contemporaneo.” 4ARTS (Fabrizio Ciccarelli)
- “Accompagnata da un gruppo di eccellenti musicisti la splendida voce di Serena Spedicato, unita ai raffinatissima arrangiamenti elaborati da Pierluigi Balducci, conferiscono ai vari brani un eleganza sonora tale non solo da impreziosire le linee e le strutture melodiche originali ma anche di svelarci i brani sotto una nuova luce. “My Waits” è dunque un disco di grande pregio che non dovrebbe mancare accanto ai dischi del buon vecchio Tom.” BLOGFOOLK (Salvatore Esposito)
- “Un lavoro affascinante e di valore assoluto“. PICCHIO MAGAZINE
- “Serena reinterpreta le linee vocali con sinuosa eleganza e raffinata tecnica, interagendo in alchimia d’intenti con le preziose personalità artistiche di Gianni Iorio, Pierluigi Balducci, Antonio Tosques, Pierluigi Villani, tutti jazzisti di grande livello“. QUISALENTO (Viviana Leo)
- “Spedicato e la sua band sono veramente brillanti e vi faranno divertire“. BLOW UP (Stefano I. Bianchi)
Preascolto dei brani, recensioni, riconoscimenti